Martin SP-5B (P5M-2S) Marlin
COSTRUTTORE / MANUFACTURER
Glenn L. Martin Company, Baltimore, Maryland
ENTRATA IN SERVIZIO / SERVICE START
1954
ESEMPLARE / SAMPLE
BuNo 135542, reparto VP-49, modex LP-8, NAS Bermuda, Crisi di Cuba 1962
RIFERIMENTO / REFERENCE
Dictionary of American Naval Aviation Squadrons, vol. 2, by Michael D. Roberts, Naval Historical Center - Department of the Navy, Washington, D.C., 2000
www.joebaugher.com
CARICHI ESTERNI / EXTERNAL STORES
mine Mk 36 nelle baie armamenti (2x)
siluri Mk 44 alle stazioni sub alari (2x)
RAPPRESENTAZIONE / DEPICTION
a terra, sui carrelli di movimentazione, chiuso
LAVORO / WORK
COMPLETAMENTO / COMPLETION
#80, 2023
SCATOLA (ACQUISTO) / KIT (PURCHASE)
Hasegawa JS-063 “Martin SP-5B Marlin” (1980)
PARTI AGGIUNTIVE / AFTERMARKET PARTS
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DECAL AGGIUNT. / AFTERMARKET DECALS
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LAVORO DI CORREZIONE ▨ | |||
scultura |
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sagomatura di laminati |
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aste (dritte) |
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rilavorazione di parti originali |
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CAMBIAMENTO DI ESEMPLARE | |||
decal auto-prodotte |
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decal importate |
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LAVORO DI ARRICCHIMENTO ▨ | |||
scultura |
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formatura a freddo di laminati metallici |
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sagomatura di laminati |
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aste (dritte) |
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fili (piegati o meno) |
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tubi (anche telescopici) |
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parti in carta |
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rilavorazione di parti originali |
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taglio e riassemblaggio di parti originali |
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parti importate |
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superfici superiori e laterali |
| Humbrol 22 | ◍ | ES | ||||||||
superfici inferiori |
| Humbrol 32 | ◍ | ES | ||||||||
aree calpestio |
| Humbrol 33 | ◍ | ES | ||||||||
bordi d'attacco | Humbrol 85 | ◍ | ES | |||||||||
area anti-abbagliamento |
| Humbrol 85 | ◍ | ES | ||||||||
vani aperti |
| Lifecolor UA033 | ◍ | AS | ||||||||
vano motore |
| Lifecolor UA033 | ◍ | AS | ||||||||
motore |
| Humbrol 32 | ◍ | AB | ||||||||
abitacolo |
| Lifecolor UA033 Humbrol 85 | ◍ | AP | ||||||||
imbottiture | Vallejo 301 | ◍ | AB |
TECNICA COLORAZIONE STRUTTURA TETTUCCIO CANOPY STRUCTURE PAINTING TECHNIQUE | ||
smalti a spruzzo sul pezzo trasparente mascherato / enamel sprayed on masked transparent part + strisce di foglio decal bianco / stripes of white decal sheet |
LA SCATOLA / THE KIT | |||||||||||
materiale | buono, appena un po’ troppo duro | ||||||||||
finitura | ottima, ben liscia, alcuni dettagli in rilievo, altri in negativo | ||||||||||
dimensioni |
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giunzioni (1) |
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dettagli | sufficienti | ||||||||||
decals | robuste, supporto ben trasparente | ||||||||||
DIFETTI |
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●●● | Una buona scatola del punto di vista tecnologico, ci sono parti piuttosto grosse (semifusoliere e ala) che non presentano svergolamenti e la finitura è ottima; tuttavia, dato il livello del kit, avrei organizzato qualcosa in maniera diversa. |
LA REALIZZAZIONE (2) | ||
Gli idrovolanti mi sono sempre piaciuti ed in particolare il Marlin, che è stato l’ultimo aereo da combattimento di questo tipo, almeno nel “mondo occidentale”; idrovolanti volano ancora oggi, ma in generale servono come velivoli da trasporto, o per la lotta antincendio; forse solo i Russi usano i loro Beriev per usi prettamente militari. | ||
◍ | L’elaborazione della cabina di pilotaggio è abbastanza buona, peccato che non sia visibilissima una volta installati i trasparenti; anche l’apertura delle baie armamenti situate nelle gondole motori è venuta bene e accettabile è la simulazione delle mine Mk 36; abbastanza accurata anche l’autocostruzione degli anelli del sistema MAD. | |
◍ | Non è stato facile gestire un modello così grosso, avevo difficoltà finanche a movimentarlo sul tavolo di lavoro; durante la manifattura ha ricevuto un paio di urti a cui ho dovuto porre rimedio. | |
◍ | La struttura interna delle baie armamenti è “di fantasia”, nel senso che non ho trovato immagini sufficienti; tuttavia, ho seguito una logica ingegneristica. | |
Un modello di grande presenza, se non altro per le sue generose dimensioni (50 cm di apertura alare e 40 di lunghezza); la colorazione in bianco e grigio scuro gli sta particolarmente bene e rende slanciato un velivolo che ha la fusoliera particolarmente alta | ✩✩✩✩✩ |
UN PO' DI STORIA
Il Marlin era un modello derivato dal suo predecessore, il PBM Mariner, del quale riprendeva l’architettura generale, con l’ala praticamente uguale e la fusoliera più lunga del 25%. La potenza installata passava da 3400 a 6900 cavalli complessivi il che permetteva non solo di portare il peso complessivo da 26,3 a 38,5 tonnellate, ma anche di portare la velocità massima da 320 a 400 km/h; il carico bellico di caduta passava da 1 tonnellata a ben 8.
L’entrata in servizio di questo grosso velivolo avvenne nel 1952, quattro anni dopo il primo volo del prototipo. Esso nacque dapprima come P5M, cioè pattugliatore, dotato di torrette difensive a prua e a poppa, asservite ad un radar di tiro, e di una terza sul dorso; ma poi fu destinato specificamente alla caccia antisommergibili (P5M-1S) e dotato di radar di ricerca e di rivelatore di anomalie magnetiche (MAD), con armamento specifico e senza postazioni difensive. La prima versione, P5M-1 ebbe impennaggi di coda tradizionali e fu prodotta in 114 esemplari; la seconda versione, dapprima P5M-2S e poi SP-5B nel 1962, ebbe impennaggi a T e una serie di migliorie anche nella sistemazione a bordo del personale; di essa furono prodotte 145 unità entro il 1960.
Per la verità l’impiego bellico di quest’aereo fu molto limitato, forse la campagna più importante si ebbe alla fine del suo servizio, durante la crisi di Cuba del 1962, alla quale partecipò proprio l’esemplare rappresentato.
Nessun esemplare ha avuto impieghi operativi dopo il 1965; gli idrovolanti stavano uscendo dall'impiego bellico, almeno nel blocco occidentale, e venivano sostituiti da velivoli terrestri che si rivelavano nella globalità più facilmente gestibili degli idrovolanti. Non va dimenticato che velivoli così grossi e pesanti venivano armati e riforniti a terra e che quindi bisognava tirarli sul molo tra un volo e l’altro; a questo punto, situando gli aeroporti appena più all'interno della costa, era più pratico usare aerei basati a terra; al Marlin, infatti, prima si affiancarono e poi si susseguirono i Martin P4M Mercator e i Lockheed P2V (P-2) Neptune; in seguito, grazie alle caratteristiche di volo molto “tranquille” dei pattugliatori, allo scopo di abbassare i costi di sviluppo, si adottarono velivoli nati originariamente per il mercato civile, come il Lockheed P-3 Orion, derivato dall’Electra e l’attualissimo Boeing P-8 Poseidon, sviluppato dal collaudatissimo 737.
Il modellino rappresenta un esemplare appartenuto allo Squadron VP-49 verso la fine della carriera operativa di questo grosso velivolo; esso era di base alla NAS Bermuda, in territorio inglese, dove la stazione era stata istituita durante la Seconda Guerra Mondiale e tenuta aperta fino al 1995. Era stato battezzato “The Hustlers” e fu uno degli ultimi a rimanere operativi; dopo la sua partecipazione alla campagna di Cuba del 1962 (insieme a molti altri dei suoi consimili), nel 1963 fu trasferito a Baltimore per il suo ritiro; cinque anni dopo fu comunque fotografato alla NAS North Island come appartenente al VP-50 col modex “SG 6”, in stato di relativo abbandono.
UN DINOSAURO ARMONIOSO
Guardando questo velivolo col senno di poi si capisce che si tratta di una macchina di transizione. Vengono adottate soluzioni modernissime, come l’armamento difensivo assente, come ormai succede da tempo per i velivoli d’attacco; inoltre, le tante risorse rivolte alla dotazione avionica, con due radar e rivelatore di anomalie magnetiche. Anche lo studio delle linee si mostra abbastanza moderno, sia per la forma slanciata della fusoliera, che per l’impennaggio a T, necessario per tener fuori i piani orizzontali dal potentissimo soffio delle eliche.
L’architettura si rivela, però, alquanto obsoleta, con la trazione ad elica con motore a scoppio da 3450 cavalli l’uno, vero canto del cigno, e la configurazione idrovolante che si stava già abbandonando, almeno per i grossi velivoli. Il velivolo si rivelava così pesante e così alto da non permettere l’adozione della formula anfibia, come già la Martin aveva fatto per il P3M Mariner, che, però, pesava 12 tonnellate meno del Marlin; la fusoliera molto affusolata non avrebbe permesso carreggiate stabilizzanti ed avrebbe richiesto carrelli alloggiati nell’ala, essi sarebbero stati complessi, lunghissimi e pesantissimi (si pensi alla configurazione del Grumman Albatross, che, però, pesava solo 16 tonnellate).
È proprio la sua complessità che rende quest’aereo affascinante; la resistenza ad abbandonare la formula idrovolante che aveva dato ottimi risultati per quasi mezzo secolo e la contemporanea spinta in avanti verso soluzioni più moderne, specie per quel che riguarda le dotazioni e l’impiego; ne venne fuori una specie di dinosauro dalle linee imponenti e comunque armoniose.